La coltura del Pistacia Vera, una pianta arborea o arbustiva della famiglia delle Anacardiacee, si perde nella notte dei tempi. La sua origine e' antichissima, in
una vasta area che comprende la Siria, la Palestina e il Turkmenistan; dall’Asia centrale si e' poi diffusa in due direzioni opposte, verso l’Estremo oriente e verso il Mediterraneo. Frutto noto
agli Assiri, ai Persiani, ai Greci, nella Bibbia si narra che Giacobbe invio' al Faraone vari frutti in omaggio tra cui il pistacchio. Nella corte della Regina di Saba, i pistacchi erano un
privilegio riservato alla famiglia reale. Lo stesso Marco Polo nel lontano Catai, descriveva gustose pietanze al pistacchio.
Raggiunse Roma nel 30 d.C. con Lucio Vitellio, governatore generale della Siria, che segui' la consuetudine di portare nella capitale le piante esotiche scovate
negli angoli più remoti dell’Impero. Fu diffuso in seguito in Spagna da Pompeo Crasso.
L’albero del pistacchio e' nato per resistere, e' la sua forma a dirlo, un groviglio di rami contorti e nodosi capaci di aggrapparsi ai versanti più scoscesi e
crescere in terreni rocciosi e assetati. Ha radici profonde e non supera i sei metri di altezza. Il pistacchio fiorisce in aprile, ed e' pronto per la raccolta tra settembre e ottobre. Le piante
vanno in produzione ogni due anni. Per la sua coltivazione due sono le regole importanti: su otto piante femmine e' necessario piantare un maschio; e non solo, deve anche essere piantato in sopra
vento, in modo che il vento possa trasportare il polline dei fiori dai maschi fino al pistillo delle femmine. Sarà questo particolare harem che ha fatto nascere la credenza che lo considera
afrodisiaco?
Il pistacchio e' un vero e proprio cocktail energetico, contiene: calcio, ferro, magnesio, fosforo, oltre vitamine e aminoacidi, per circa 600 calorie ogni 100
grammi. Il suo olio e' impiegato in pasticceria, in confetteria e in cosmesi, soprattutto per le sue doti emollienti. Nella medicina popolare e' diffusa l’abitudine, specie nelle zone della
Sicilia dove il pistacchio viene coltivato, di utilizzare l’infuso di corteccia come rinfrescante. In Italia c’e' l’oro verde della Sicilia, l’1% della produzione mondiale, concentrata sulle
pendici dell’Etna che sono il cuore della produzione. Il pistacchio e' considerato il tesoro di Bronte, un comune etneo, che ha dedicato a questo frutto tutte le sue energie facendolo diventare
una sicura fonte di reddito. I pistacchi sono sopravvissuti alle pendici del vulcano, nessun’altra pianta avrebbe potuto resistere tra i massi di lava. Proprio questo terreno lavico offre al
frutto una notevole ricchezza in proteine, vitamine, olio, sostanze estrattive non azotate. In Sicilia sopravvive l’unica varietà dai frutti piccoli, ma dai semi aromatici profumati e di colore
verde smeraldo. Sebbene fosse già noto in Sicilia, furono gli Arabi a diffondere la cultura del pistacchio nell’ isola. Ciò risulta inequivocabilmente dalla radice etimologica delle parole
dialettali con cui e' conosciuto il pistacchio: “frastuca” il frutto e “frastucara” la pianta, che derivano dai termini arabi “fristach” e “frastuch” e “festuch” derivati a loro volta dalla voce
persiana “fistich”.
L’uso cosmetico dell’olio di pistacchio, in particolare in oli da bagno o creme emollienti non può oscurare il fatto che questo frutto deve la sua fama mondiale
all’uso gastronomico, che va dagli aperitivi ai dolci e al gelato. La varietà di cibi in cui compare il pistacchio e' incredibilmente vasta: salse, gelati, pesto, olio, liquore, torrone,
panettone, colomba, pasta, carni insaccate.
Il suo sapore inconfondibile, altamente aromatico, aggiunge ai cibi un gusto siciliano, con un lieve profumo d’oriente.